La mia storia con Fuoricentro inizia nel 2002. Angelo mi propose la conduzione di un laboratorio su un racconto di Italo Calvino. Nacque lo spettacolo “Oh, avessi un po’ di spazio!” Chi c’era ricorderà le tagliatelle finali, servite al pubblico nella sala grande di danza allestita come un ristorante.
Fu la mia prima occasione di lavoro dopo la scuola. Fu importante per me, allora, trovare uno spazio dove poter agire e sbagliare, dove provare senza ansie da prestazione, dove sperimentare, giocare, dare forma alle idee, all’immaginario, alle visioni dei mondi che, durante il laboratorio, sentivamo la necessità di raccontare.
Ho sempre respirato aria di grande libertà e di rispetto a Fuoricentro e tra le persone che lì ho incontrato.
A quel tempo, ancora non mi rendevo conto quanto quell’invocazione – Oh, avessi un po’ di spazio! – sarebbe diventata emblematica di una necessità che ci accomuna: avere uno spazio dove condividere idee, mondi, visioni, immaginari, linguaggi e dove stare bene. L’esistenza di spazi come Fuoricentro, dove si investe sulla formazione e sulla conoscenza del teatro, non è scontata. Non se ne trovano molti in giro, ve lo assicuro.
Sono stata fortunata a incrociare la mia strada con quella delle persone che hanno reso possibile Fuoricentro, perché, come scrive Italo Calvino
(ho iniziato con lui e con lui mi piace finire), è importante “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Grazie Angelo. Grazie Fuoricentro! Con immenso orgoglio di far parte della vostra storia.